
Rassegna stampa: Il Romanista del 16 Settembre 2008

Rassegna stampa: Il Romanista del 19 Settembre 2008
 
 
 

DI MASSIMO IZZI
		Francesco 
		Campanella, indimenticata colonna del Romanista ha scritto che all’alba 
		del 30 maggio 1984: «Si era alzato presto, aveva ottenuto un permesso da 
		Liedholm e si era concesso una breve escursione a Tormarancia e alla 
		Garbatella, dove era cresciuto. Era tornato in tempo per la lezione di 
		tattica del Barone». Agostino abbandonò il quarto piano dell’Albergo 
		Villa Pamphili, quasi certamente con l’eterna autoradio sotto il braccio 
		e si infilò nel traffico, puntando verso i terreni in terra battuta o 
		addirittura asfaltati della sua infanzia, verso l’oratorio San Filippo 
		Neri, con il biliardino del calcio balilla, un’immagine della Vergine 
		Maria appesa al muro e una targa in marmo: «Sarai … sarai … e poi? E poi 
		tutto passa. Paradiso! Paradiso». Don Guido, la sua prima squadra, la 
		Lante Junior, quindi l’OMI, l’avventura nel “Pordenone” la squadra 
		scolastica con cui giocò una mitica finale contro il “Meucci”. Quelle 
		partite erano la promessa di un futuro grande, una promessa a lungo 
		elusa da chi con troppa fretta sentenziava: «Bravo, ma troppo lento». La 
		promessa, alla fine si è realizzata e se Agostino fosse stato anche 
		veloce oggi si parlerebbe di lui come di un Pelè bianco.
		Dai tempi dei campionati alla Chiesoletta facciamo un salto, nel 2003, 
		mi misi in testa di scrivere un libro interamente dedicato alla finale 
		di Coppa dei Campioni Roma – Liverpool. Dopo un anno di ricerche avevo 
		accumulato un tesoro di aneddoti e cimeli. «Ho visto cose che voi umani 
		non potete neanche immaginare», si direbbe in Blade Runner. I guanti di 
		Grobbelaar, una piccola coppa in argento regalata dal presidente Viola a 
		tutti gli intervenuti al ricevimento ufficiale Figc tenuto a Palazzo 
		Brancaccio il 29 maggio … ricordo le parole di Vitaliano Gallegati, 
		accompagnatore ufficiale del Liverpool e tifoso della Roma, a cui spettò 
		il compito terribile di condurre il Liverpool vittorioso ai 
		festeggiamenti di Villa Maraini: «Mi invitarono a festeggiare con loro – 
		mi disse Gallegati – gli risposi che era mio compito accompagnarli, ma 
		che festeggiassero loro, io proprio no, a me veniva da piangere». Parlai 
		anche con Massimo Ciulli, l’arbitro romano che ebbe l’incarico di 
		accompagnatore della terna arbitrale svedese. Mi disse della visita di 
		Viola negli spogliatoi … quindi, grazie all’ambasciata italiana di 
		Svezia riuscii a mettermi in contatto con Fredriksson, l’arbitro della 
		gara, per chiedergli come avesse potuto convalidare il gol dei Reds, con 
		quella incredibile carica subita da Tancredi. Mi scrisse una lettera in 
		svedese Fredriksson, ma io continuai a non capire. Mi occupai anche di 
		maglie, Oddi che quella notte era in panchina mi disse di aver regalato 
		tutto, Righetti con un sorriso amaro bisbigliò solamente: «La tiene mia 
		madre». La ricerca su Roma – Liverpool fu un viaggio nella partita della 
		mia generazione. Chi era all’Olimpico quella sera sa cosa voglio dire. 
		Ad alcune delle domande che mi ero fatto riuscii a rispondere, altre 
		rimasero, se possibile ingigantendosi. Ho chiesto a Giorgio Rossi, a 
		Vittorio Boldorini, Riccardo Viola, Odoacre Chierico e a mille altri 
		dove fosse finita la maglia numero dieci di Agostino, nessuno ha saputo 
		rispondermi. Dove finisce il vessillo della più grande battaglia 
		sportiva di sempre? Una maglia invitta nonostante la sconfitta, una 
		maglia che per un secondo, indossata dal capitano, aveva portato la Roma 
		al vertice della sua storia. E’ quella la “maglia delle maglie”, la luce 
		bianca con colletto rosso che deve continuare a ricordare ai romanisti 
		non una sconfitta, ma la meta da raggiungere.
		Il 30 maggio 1984, quella casacca (quell’uomo), uscì dall’Olimpico 
		carica di gloria sportiva, domenica, dopo ventiquattro anni si potrà 
		rivederla. Gli esperti mi dicono che ne esistono ameno due esemplari, 
		uno per il primo tempo e uno per il secondo, non esiste certezza che la 
		casacca esposta domenica prossima, sia quella con cui Agostino ha 
		battuto e realizzato il primo rigore, ma questo, a dire il vero ha un 
		senso molto relativo, a cospetto di ciò che rappresenta come simbolo.
		Tiberio Mitri, uomo e atleta per alcuni versi accostabile all’indole di 
		Agostino, conservò quasi fino all’epilogo della sua esistenza la 
		vestaglia con cui era salito sul ring nello scontro valevole per il 
		titolo mondiale contro Jake La Motta. Una vestaglia verde che regalò 
		quando sentì di essere vicino a regolare i conti con la vita. Se ne 
		privò per non mandarla perduta, perché in alcune delle nostre sconfitte 
		c’è il meglio della nostra esistenza. La capacità di rimanere fedele ad 
		un’idea senza se e senza ma. Una sconfitta può arrivare senza resa, è 
		stato così per Roma – Liverpool. Non ci fu paura, non ci fu rinuncia nel 
		cuore di un Capitano che quella sera ci guidò all’assalto del sogno. 
		Mirò la faccia di Grobbelaar e cercò di spedirlo in rete con tutto il 
		pallone. “Ago” quanto ti ho voluto bene quella sera e quanto te ne 
		continuano a volere i romanisti.
		E’ giusto che Francesco Totti sia il grande, generoso, inimitabile 
		capitano di questa generazione di romanisti, io e molti di coloro che 
		quel 30 maggio erano con il cuore in gola, però, di Capitano continuano 
		ad averne uno solo. Capelli alla Giulio Cesare, sguardo severo, 
		accigliato, ti rivedo ancora mentre chiami i compagni a salutare la SUD 
		… una mano sola alzata, con il capo appena reclinato in un gesto di 
		pudore, di rispetto.
		Andò via Agostino, a Milano, un cugino del padre Franco, dirigente della 
		confindustria di Legnano, lo aiutò a trovare una casa fuori città vicino 
		al centro tecnico di Milanello. Il giornalista Curzio Maltese, lo 
		riportano Giovanni Bianconi e Andrea Salerno nel bel libro: “L’ultima 
		partita”, consumò alcune cene con lui in quel periodo: «Era triste, 
		serio e intelligente (…). Si vedeva che la sua vita era a Roma (…)». 
		Ammalato di nostalgia, anche se faceva di tutto per non darlo a vedere, 
		Agostino è stato a sua volta rimpianto dai tifosi giallorossi.
		Domenica sarò ad accarezzare la sua maglia, che vale un ricordo, di più, 
		una promessa.        
Rassegna stampa: Il Romanista del 21 Settembre 2008
		
21 Settembre 2008: Il giorno della Mostra
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Luca Di Bartolomei partecipa alla Mostra, inaugurando l'esposizione della prestigiosa maglia
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Rassegna stampa: Il Romanista del 22 Settembre 2008 (Clicca sul foglio per ingrandire)
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Io assieme a Luca Di Bartolomei; piu' tardi avremo modo di parlare tra noi e riscostruire la storia di come la signora
aveva custodito la maglia per tanti anni. Si ringrazia sentitamente Daniele L. per la partecipazione.
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"In porto andremo sicuramente, vediamo di arrivarci con il vessillo"
Ad Agostino.